Proposta per una alternativa sostenibile a IMMUNI

La Fase 2, ovvero le attività per ritornare ad una situazione di ripartenza del paese, da qualche tempo gira intorno all’idea di dotare gli italiani di una app per lo smartphone per tracciare eventuali contatti a rischio.
Si rimanda ai numerosi articoli sull’argomento tra cui Un aggiornamento sull’applicazione di contact tracing digitale per l’emergenza coronavirus del Ministero per l’Innovazione Tecnologia e la Digitalizzazione del 21.04.2020.

La proposta finora considerata prende corpo dall’idea di tracciare almeno il 60% della popolazione italiana che dovrebbe installare una app nel proprio smartphone.
Ci sono, e sono stati più volte indicati, dei problemi manifestati da più esperti:

  • il raggiungimento della quota minima di installazioni
  • essere certi che il Bluetooth non venga disabilitato volontariamente, casualmente o da altre applicazioni per mesi
  • essere certi che l’applicazione sia compatibile con il 100% del parco smartphone presente in Italia
  • avere la certezza che tutta la popolazione abbia il telefono carico per l’intera giornata per mesi

A queste questioni, non facili, si aggiungono questioni sulla prossimità, ovvero la possibilità tutt’altro che remota di sviluppare falsi positivi. Anche su questo si è discusso a lungo senza che sia pervenuta una reale soluzione. Si segnala inoltre come:

  • Una applicazione del genere, è facile calcolare, svilupperebbe in poche ore decine se non centinaia di alert essendo la struttura ad albero, dovendo mappare nuclei familiari, contatti di lavoro.
  • I tempi di sviluppo e messa a disposizione non saranno brevi.
  • Bisogna essere certi che le persone la aggiornino costantemente per evitare di avere un’applicazione con vulnerabilità
  • Sarà tutt’altro che facile convincere le persone ad installare l’app considerando che abbiamo una quantità grandissima di persone che non hanno alcuna app aggiuntiva oltre a quelle preinstallate
  • Gli smartphone di fascia bassa non sempre hanno spazio sufficiente per l’app.
  • Non è assolutamente garantito che gli utenti abbiano sempre e costantemente traffico dati disponibile
  • Non è per nulla scontato che chi è definito come nuovo positivo lo comunichi attraverso l’app.

Digitalia ha approfondito il tema indicando altri punti determinati:

  • In Italia la penetrazione di smartphone nella popolazione adulta è di poco più del 60%
  • Whatsapp è l’applicazione più scaricata in assoluto nel nostro paese ed è presente nel 40% degli smartphone
  • Il Bluetooth LE, necessario per utilizzare l’app è presente in un numero non stimato ma comunque limitato di smartphone
  • È quindi impossibile ottenere l’utilizzo da almeno il 60% della popolazione

SOGGETTI FRAGILI

Secondo i dati forniti da ISS oltre il 98% delle persone decedute e quelle che hanno avuto accesso alle cure in terapia intensiva erano ben definite dall’età e dalla presenza di comorbidità, ovvero più malattie impegnative contemporaneamente.

Queste sono persone a bassa mobilità se non presenti in strutture RSA, ospedaliere, para ospedaliere, ricoveri per anziani, ecc. Una parte comunque vive in maniera indipendente.

La popolazione italiana è di circa 61 milioni. Quelli interessati all’app dovrebbero essere 52 milioni (gli altri sono sotto ai 15 anni).

La popolazione “fragile”, ovvero con più di 80 anni e con più malattie “impegnative”, per usare il termine del Prof. Silvio Brusaferro, si trova all’interno di un insieme di meno di 2 milioni di persone. Una ulteriore selezione può essere fatta analizzando le malattie copresenti. Il dato è pertanto decisamente inferiore a 2 milioni.

La app proposta vorrebbe tracciare i movimenti di 52 milioni di persone per mantenerne in sicurezza molto meno di 2 milioni.

LA SOLUZIONE

Una proposta da prendere in considerazione è quella di invertire i fattori: non tracciare tutte le persone nei loro spostamenti e contatti ma mappare le persone fragili per età, presenza di patologie, immunodepressi ed ogni altra persona a rischio e garantire a queste condizioni di vita e lavoro nella massima sicurezza.

Teniamo inoltre conto che queste sono di norma le persone a più bassa mobilità, spesso in pensione e quindi con abitudini di viaggio e percorrenza decisamente più agevoli da studiare e gestire.

Serve un progetto nazionale ma anche territoriale con la presa in carico da parte di ogni territorio delle persone in condizioni di rischio e disegnare intorno ad esse un modello di vita il più libero possibile.

La proposta è pertanto quella di creare una soluzione in grado di mappare, informare e gestire le persone a rischio. Formare adeguatamente le persone che le accudiscono, costruire soluzioni di supporto sociale e sanitario.

Non una app che tracci tutti ma che protegga i fragili.

Maurizio Galluzzo
Comitato Scientifico di CORUS (21.04.2020) @mauriziog