“Lasciamoci contagiare dalla fiducia”. Intervista con Fortunato Amarelli

 

 

 Si è conclusa da un paio di giorni la fase più estrema del lockdown a causa della pandemia del Covid 19, quella che ha visto la grande maggioranza degli italiani in casa o comunque limitata nei suoi spostamenti. Viviamo ora nella fase 2, siamo passati cioè dal contenimento del virus alla convivenza col virus, una fase detta anche Ri-Partenza. Così su quasi tutto il territorio italiano è stato possibile riprendere la maggioranza delle attività, non tutte e soprattutto dobbiamo essere consapevoli di quanto ancora questa situazione condizionerà la vita del mondo intero e non solo del nostro paese, anche se qualcuno sembra non ricordare la portata di un termine come “pandemia”.

Sono stato felice di poter dialogare su questa situazione e sui temi legati ad essa con Fortunato Amarelli, AD dell’omonima e storica azienda calabrese produttrice di liquirizia, una realtà internazionale attiva dal 1731, esempio di imprenditoria plurisecolare, e che è anche presidente di Confindustria Cosenza. Un colloquio che ha riguardato soprattutto il futuro e non solo il presente.

Quanto ha pesato la fase del lockdown sulla tua azienda?

E’ stato molto pesante anche per la nuova configurazione della nostra azienda che non è più solo manifatturiera. Da oltre venti anni noi abbiamo cercato di colmare quella distanza con i nostri clienti, attraverso la creazione di store dedicati, quindi tu ben capisci come questa situazione di chiusura e mancata circolazione libera delle persone possa aver impattato sulla nostra attività. Non dimentichiamo poi la dimensione dal punto di vista psicologico di un fermo del genere, che c’è stato solo durante i momenti più cruenti della seconda guerra mondiale. Siamo quindi di fronte ad una situazione che ha una molteplicità di aspetti di tipo psicologico ed economico. Il crollo verticale prima degli ordini e successivamente degli incassi, ha portato noi, ma anche molti altri, ad una evidente difficoltà di tipo finanziario. La nostra manifatturiera è rimasta chiusa due mesi interi, mentre il museo e gli store avevano già chiuso il 9 di marzo, quindi oltre due mesi.

C’era la possibilità di trovare i vostri prodotti presso la grande distribuzione?
Solo in maniera parziale. Naturalmente il nostro cliente tipo è il negozio specializzato, quello che ha bisogno del flusso delle persone che si fermano, maggiormente durante una passeggiata, e questo tipo di esercizi sono stati gli ultimi a riaprire. A questo va aggiunto la difficoltà di raggiungere gli esercizi commerciali attraverso la nostra rete vendita che si è completamente fermata, lasciando stare la grande distribuzione che non è il nostro core comunque. Non possiamo poi dimenticare che il nostro è un prodotto di consumo marginale e non di prima necessità. Se tu vedevi nei supermercati c’è stato un assalto alle farine e a prodotti di quel tipo non ai dolciumi. Anche nell’ordine del rifornimento per i negozianti la liquirizia non era primaria per il loro assortimento, forse non lo sarà neanche all’inizio di questa fase 2.

Una domanda che ti rivolgo nella tua duplice veste di imprenditore e quella di rappresentante di Confindustria sulle misure messe in campo dal governo per affrontare questo momento. Come le giudichi?

Credo che due misure, anche nella loro organizzazione, siano state automatiche, efficaci e veloci. La prima è stata la possibilità di accedere alla cassa integrazione in maniera automatica. Noi soltanto in Confindustria abbiamo fatto 400 domande in 24 ore, un procedimento che ha impegnato tantissimo noi e tutti i nostri collaboratori per riuscire a fare in così breve tempo tutte le consultazioni elettroniche necessarie perché le aziende la potessero richiedere. Se avessimo dovuto farle coi metodi precedenti sarebbe stato impossibile. Certo mentre parliamo l’INPS, va ricordato, non l’ha ancora erogata completamente, quindi un provvedimento che è stato pensato per ristorare i lavoratori magari andava organizzato in una maniera differente. Anche su questo ci stiamo impegnando come Confindustria, forse si procederà ad un accordo con l’ABI per riuscire ad anticiparla, a costo zero naturalmente. Comunque uno strumento utilissimo, tra l’altro molto positivo che sia stata fatta anche la proroga. Buona anche la moratoria sui mutui, perché rappresentano un costo fisso per le aziende. Per esser più chiari e diretti possiamo dire che si tratta dell’”affitto del capannone” per un’azienda se mi si consenti l’analogia, cioè quelle spese che servono ad un’azienda per poter operare e lavorare. Il resto presenta delle grandi incognite. Il decreto liquidità ha ancora una forte discrezionalità assegnata alla banca e questo ne vanifica l’impianto stesso. Anche il termine di rientro è estremamente limitato. Capisco che è dipeso dalle regole europee, ma vista l’eccezionalità e la globalità della situazione erano richieste da tutti e necessarie regole nuove e si doveva provvedere in questo senso.
Poi credo che dobbiamo renderci conto che questa situazione non ha colpito tutti in maniera indistinta. Ci sono delle forti differenze nei danni provocati dalla crisi causata dal Covid 19: ci sono aziende che hanno perso una piccola quota di fatturato o addirittura nulla e ci sono aziende che rischiano di perdere anche l’80% del fatturato fino alla fine dell’anno! Questo vuol dire che per alcuni restituire un mutuo che copre questa perdite in 6 anni diventa facile per alcuni ed impossibile per altri!

Restiamo su questo argomento. Quali altri misure potevano essere messe in campo?
Facciamo una premessa. In questo momento assistiamo a delle narrazioni parziali sui danni della crisi, parziali perché rappresentanti solo degli interessi di alcune “parti” e alcuni lobby e non della globalità del panorama generale. Questa è una narrazione ed una visione estremamente miope del panorama. Noi dobbiamo allargare l’orizzonte ricordando come dalla fine del 2008 e per il 2009, abbiamo avuto una crisi, quella della Lehman Brothers, dalla quale noi non c’eravamo ancora ripresi. L’Italia non era ancora tornata ai livelli di produzione dell’anno 2008. Quello che accaduto oggi è un detonatore di quello che potrebbe succedere ancora e questo non può essere dimenticato. A volte tanti piccoli detonatori possano innescare situazioni più importanti nella vita economica di un paese. Io credo che noi abbiamo una necessità primaria, cioè incidere su un elemento psicologico delle nostre imprese e dei nostri cittadini: la fiducia. Si deve fare in modo che imprese e cittadini sentano fiducia verso un domani migliore in modo da poter innescare quei detonatori di cui parlavamo prima in senso positivo e quindi favorire una ripresa dei consumi nel mondo post-Covid 19. Questo stimolo al consumo deve essere incentivato in una prima fase. A mio avviso ci si doveva  concentrare più su questo e magari meno su altre misure a fondo perduto che magari arriveranno poi a pioggia senza raggiungere chi ne ha davvero necessità. Stimolare il consumo invece poteva garantire la costruzione di quel ponte necessario ad andare al di là del fossato. Facciamo un esempio: si doveva insistere su sistemi di credito di imposta al consumo, cioè la possibilità di scaricare dalla tasse le spese per un viaggio, un auto, l’acquisto di una casa, ecc. Questi sarebbero stati tutti ottimi kickstart dei consumi e quindi dell’economia ricreando così quel clima di fiducia necessario per superare certi fasi storiche ed attirare anche altri investimenti.

Sirelli Special PackagingSono felice che tu abbia posto l’accento sulla questione psicologica che anche per me è determinate. Proprio Giuseppe De Rita, storico presidente del Censis, lamentava in un’intervista come il grande pericolo ai suoi occhi sia la “morte del desiderio”, che invece è volano di sviluppo e ripresa per gli esseri umani e l’economia. Su quanto inciderà tu mi hai già risposto, ma come facciamo a trasmettere a livello di comunicazione questo elemento?

De Rita ha oggettivamente centrato la questione. Tutti quelli che ci credono devono assolutamente trasmettere questo senso di fiducia. E’ necessario per tutto l’impalcato economico di cui siamo circondati. Noi viviamo in un impalcato economico estremamente fragile, l’80% dei nostri consumi sono velleitari. Il puntello principale di questo impalcato è la fiducia. Io faccio la maggior parte dei miei acquisti perché sono convinto che il mio futuro comunque sarà positivo, quindi è importante che ognuna di noi riparta con fiducia. Naturalmente questo non basta, perché non c’è solo la paura del consumatore, legittima, ma c’è anche quella dell’investitore istituzionale. La fiducia non riguarda solo il consumatore, ma anche altri tipi di sistemi, come quello finanziario, come la concessione di prestiti e mutui, necessari per la nascita e lo sviluppo delle imprese. Questo dimostra quanto l’economia si regga più sulla psicologia che sulla matematica nonostante nella maggior parte della gente ci sia un’impressione opposta! La fiducia è fondamentale, però per favorire questa fiducia ci vogliono azioni concrete. Queste misure ci aiutano nell’attesa del rimbalzo, il famoso rimbalzo che solitamente avviene dopo dei cali di fatturato, soprattutto così elevati. Questo rimbalzo va aiutato e favorito attraverso i famosi kickstart. Anche la fiducia può essere contagiosa!

Certamente i trigger nell’economia sono fondamentali. Il pensiero orientale ci dice che dove c’è una crisi c’è comunque un’opportunità. Possono esserci opportunità nel prossimo futuro per l’Italia e per il Sud?

Naturalmente! Le opportunità ci sono sempre. Soprattutto in questi momenti quando si rompono gli schemi e si rimescolano le carte. Basta pensare agli ultimi 20 anni e allo sviluppo delle nuove tecnologie. Inoltre negli ultimi 10 anni si è rivoluzionato tutto il mercato pubblicitario mondiale. Oggi è in mano per la maggior parte a 3 società che all’epoca era per lo più delle newco o poco più grandi se pensi a Google. C’è la possibilità di crescere anche quando tutto va storto. La difficoltà è comprendere il futuro! Sicuramente questa situazione ha accelerato l’alfabetizzazione informatica almeno di 4 anni, che in questo settore è un tempo enorme. Dallo smart working, alla socialità, all’e-commerce e ad altro. Se, come sapevamo, questo era il futuro ora sappiamo che è il presente e da qui non si torna indietro. Certo non ci saranno i numeri di questi due mesi nell’e-commerce, visto che era una necessità, ma non torneremo neanche ai numeri precedenti. La maggior parte della gente in questi due mesi ha scoperto l’online che magari prima sentiva nominare solo in sottofondo in tv e ora difficilmente lo lascerà.

Quindi mi par di capire che vedi un cambio di scenario dove la comunicazione prende sempre più importanza?
Assolutamente. La comunicazione è fondamentale, soprattutto perché è sempre più complessa, variegata, legata a nuove forme, necessaria a tutte le aziende e le attività economiche. Il mondo di prima era comunicazione televisiva, poi qualche elemento grafico per giornali ed un sito internet come vetrina. Il mondo di oggi è una molteplicità di canali social, di rapporti coi blogger, di sponsorship agli influencer e molto altro di cui vi occupate anche voi. Sono la televisione e la stampa ad essere divenuti secondari. Inoltre c’è la necessità di produrre comunicazione in maniera dinamica, continua e continuata. La parte grafica e di content social e web anche per noi è aumentata tantissimo e non si tratta solamente di una bella immagine o di una bella frase, ma di immagini e parole che siano efficaci ed in grado di veicolare il contenuto, quindi con la necessità di professionisti dedicati.

Mark Schaefer, uno dei pensatori contemporanei di marketing più rivoluzionari, parla di quanto oggi l’elemento “umano” sia fondamentale. In una comunicazione che grazie ai new media sarà sempre più one-to-one dopo questa situazione quanto conterà l’elemento dedicato all’umano?

A mio avviso eravamo già avanti in questa tendenza. Il marketing era già molto avanti nella sua tendenza ad essere “affectory to human”, vista anche la tendenza alla disintermediazione, quindi con un rapporto più immediato e diretto fra il produttore ed il consumatore finale. A mio avviso questo sarà un trend che crescerà sempre di più e vedrà l’importanza e la necessità dei professionisti della comunicazione specializzati ed orientati ai nuovi media che sappiamo parlare all’elemento umano e a comprenderne proprio la complessità.

 

SIMONE CORAMI