Incendio casa di riposo – Milano

Un incendio è divampato a Milano intorno alle 01:30 del 07.07.2023 in casa di riposo “Casa dei coniugi”.

Il bilancio provvisorio è di +6 morti +81 intossicati o feriti


Incendio nella Casa di riposo per coniugi di Milano: le fiamme partite da una sigaretta, l’allarme dato da una delle vittime

Corriere 08.07.2023 – di Cesare Giuzzi (linkpermalink)

Sei le vittime, trai 69 e gli 86 anni, un altro ospite è in pericolo di vita. Tutto è partito da una sigaretta che ha incendiato le lenzuola, poi la bombola di ossigeno ha «accelerato» le fiamme

«Forza con l’ossigeno. Dai!». Nel frastuono delle sirene si leva l’urlo di una dottoressa del 118: «Ragazzi, ce ne sono due in arresto che stiamo rianimando». Le radio non smettono di gridare. I pompieri escono trascinando i feriti a braccia, usano le barelle, le sedie a rotelle, le lenzuola. Con le asce sfondano i doppi vetri delle finestre chiuse. Non hanno maniglie perché si trovano nell’area dei pazienti affetti da demenza. Ma diventano una trappola. «La notte più brutta della mia vita», ripete il vigilante della Rsa con una sigaretta in bocca davanti a un tappeto di vetri e calcinacci. I responsabili della cooperativa «Proges» che gestisce la struttura per conto del Comune, lo trascinano subito via.
Il fumo avvolge subito i corridoi del primo piano, toglie l’ossigeno, soffoca il respiro. Muoiono in sei: Nadia Rossi, 69 anni compiuti due settimane fa; Laura Blasek, romana, 86 anni; Anna Garzia, 85 anni, Loredana Labate di 84, Paola Castoldi, 75 anni e l’unico uomo, Mikhail Duci, 73 anni, nato in Egitto. Tutti ospiti della Rsa «Casa per coniugi» di via dei Cinquecento, al Corvetto (qui le loro storie).

L’impianto bloccato
Qui nella prima ondata di Covid c’erano state più di cinquanta vittime e focolai incontrollati. Ora a provocare la strage è il fuoco. Con la complicità dell’uomo: perché l’impianto di rilevazione fumi nelle camere è guasto da più di un anno e sostituito da un «controllo dinamico» di un operatore antincendio. Tutto consentito dalla legge nell’attesa che il Comune — proprietario della struttura — dia il via ai lavori dopo la gara d’appalto. Una procedura che però non è bastata a evitare le fiamme. Quelle che si sprigionano nella stanza 605 al primo piano che ospitava Nadia Rossi e Laura Blasek. Entrambe avevano patologie invalidanti. Sono morte uccise dal fuoco e dal calore. I loro corpi sono stati estratti quando ormai era mattina. Gli altri sono deceduti a causa del fumo che ha invaso i corridoi della Rsa. Mentre un 62enne lotta per la vita al Policlinico in condizioni disperate. In totale i feriti sono 81: 14 sono gravi sparsi su quindici ospedali di mezza Lombardia.

L’innesco
Le fiamme si sono innescate nella stanza 605 ma non si sono estese ad altre aree della struttura. Non ci sono dubbi sulla causa accidentale. Sembra che tutto sia partito da una sigaretta, fumata dalla 69enne. Poi le fiamme hanno lentamente avvolto materassi e coperte, sprigionando un fumo denso e soffocante. Fino ad arrivare a una bombola d’ossigeno che salta in aria e il gas che fa da «accelerante» all’incendio e avvolge quasi ogni cosa. Un testimone racconterà poi alla polizia di aver sentito un forte colpo prima di notare il fumo.

L’allarme
La signora Laura è nel letto a fianco si sveglia e si accorge di tutto. Sono pochi drammatici secondi. È inferma nel letto e nonostante i suoi 86 anni riesce disperatamente ad afferrare il telefono. Alza la cornetta e si collega con la reception all’ingresso: «Aiuto». Poi più niente. È dalla portineria che parte la prima chiamata al numero unico d’emergenza. Sono le 01.18. Il custode parla di un incendio nella struttura, la voce è concitata. Viene avvertito il tecnico dell’antincendio che però non s’è accorto di nulla. In quel momento oltre al custode ci sono sei operatori: cinque Oss e un infermiere. Quanti ne ha previsti la direzione sanitaria per la copertura dei turni notturni per accudire 173 degenti distribuiti su tre piani. Da fuori non ci sono fiamme né fumo. Si vede solo un bagliore dalle finestre del primo piano. Ma l’aria puzza di plastica e cavi bruciati, stringe la gola. Le scale si stanno riempiendo di fumo.

Il primo intervento
Alle 01.26 — otto minuti dopo — arriva la prima squadra dei pompieri. La caserma di piazzale Cuoco è lontana solo due chilometri e mezzo. È una fortuna perché il bilancio delle vittime poteva essere ancora più pesante. I pompieri salgono con i respiratori ma anche senza, perché c’è da fare in fretta, c’è da mettere in salvo un intero piano. Il fuoco nella 605 viene spento in meno di una manciata di minuti. Le due donne ormai sono senza scampo. Le altre vittime muoiono soffocate dal fumo, nelle stanze e nei corridoi. Via dei Cinquecento e l’intero Corvetto si riempiono di ambulanze, macchine della polizia e mezzi dei pompieri. Verranno evacuate più di cento persone.

I vicini in strada
«Vedevo i vecchietti alle finestre, le stanze piene di fumo con gli stracci sulla faccia che aspettavano che qualcuno andasse a salvarli», racconta la signora Lucia Guaragni, che abita nel palazzo di fronte. La gente delle case popolari scende in strada, porta acqua e coperte. Le ambulanze corrono verso gli ospedali, senza sosta. Vengono chiamati anche i bus dell’Atm per trasportare via gli sfollati in altre Rsa. All’angolo della strada si decide di creare un’area protetta a cielo aperto: una lunga fila di carrozzelle e le sedie prese dal refettorio. Si radunano gli anziani evacuati. Parte la conta dei feriti e vengono allertate le strutture di tutta la provincia.

Prime indagini
C’è il sole della prima alba, invece, quando alle cinque e mezza inizia il sopralluogo degli investigatori. I primi pompieri intervenuti parlano di un possibile corto circuito. «Le fiamme hanno interessato una sola stanza», dice il sindaco Beppe Sala che alle sette arriva in via dei Cinquecento. Un’ora più tardi tocca al sopralluogo del procuratore Marcello Viola con l’aggiunto Tiziana Siciliano che coordina il dipartimento Tutela salute: «Escludiamo il dolo. Ma servirà tempo per capire cosa è successo».

La foto salva
I primi esami dei vigili del fuoco di Milano, diretti dal comandante Nicola Micele, dicono che il rogo si è propagato da uno dei due letti. Uno è come liquefatto. L’altro quasi integro. Come è solo danneggiato un comodino di legno. Sopra c’è una foto di Padre Pio, intatta. La pista della sigaretta sembra sempre più concreta. La procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo, per ora senza indagati. Nei prossimi giorni potrebbero essere iscritti i nomi dei responsabili della Rsa, del tecnico antincendio e del personale in servizio quella notte. Alla fine si decide di evacuare tutta la struttura: troppi rischi con l’impianto antincendio fuori uso.


Rsa «Casa dei Coniugi»: l’impianto di rilevazione fumi era fuori uso, il problema era scritto su un volantino affisso

di Cesare Giuzzi Corriere 08.07.2023 (linkpermalink)
Clamorosa svolta nelle indagini: all’interno della struttura da qualche giorno era affisso un volantino su carta intestata della «Proges» la società di Parma che gestisce la Rsa firmato dalla direttrice Claudia Zerletti

Era fuori uso l’impianto di rilevazione fumi della Rsa «Casa dei coniugi» dove venerdì notte sono morti sei ospiti. Il dato, sul quale stanno lavorando gli inquirenti, potrebbe portare a una clamorosa svolta nelle indagini. All’interno della struttura da qualche giorno era affisso un volantino su carta intestata della «Proges» la società di Parma che gestisce la Rsa firmato dalla direttrice Claudia Zerletti.

Nel testo si parla di «alcune problematiche degli impianti di rilevazione fumi delle due strutture» tanto che «nel turno notturno 01 – 07 (ove cala il personale) sarà presente in struttura un addetto di un’azienda specializzata nella lotta antincendio ad alto rischio (si alterneranno due addetti)».

Il messaggio prosegue: «L’addetto notturno entrerà in Coniugi alle ore 21 e successivamente effettuerà continui controlli nelle due strutture (sicuramente nelle zone del seminterrato ove non presente personale e salirà anche ai nuclei/piani per il presidio antincendio».

Il sistema di sicurezza era quindi fuori uso quando è scoppiato l’incendio. Secondo fonti sindacali all’interno della struttura venerdì notte erano presenti soltanto sei operatori. Quando sono arrivati i vigli del fuoco (8 minuti dopo la prima chiamata) l’area del primo piano era già satura di fumo, segno che il rogo era partito da diversi minuti.

I vigili del fuoco hanno sequestrato l’impianto di rilevazione fumi della Rsa. Secondo quanto trapela dagli inquirenti il sistema non era funzionante da diverso tempo e per questo la direzione della struttura aveva incaricato un addetto esterno, di una ditta che si occupa di antincendio, di effettuare le verifiche ai piani. Sembra che venerdì notte l’addetto fosse presente. L’intervento dei vigili del fuoco è scattato intorno alla 1.20. Il sospetto è però che l’incendio all’interno della stanza di degenza 605 fosse in corso da diversi minuti, quasi certamente da più di dieci. Se il sistema antifumo fosse stato in azione, quindi, in pochi secondi sarebbe scattato l’allarme e si sarebbe evitata la tragedia. E soprattutto la morte degli altri quattro degenti rimasti intossicati dal fumo. Domani i tecnici del Nucleo investigativo antincendi di Roma dei vigili del fuoco effettueranno un sopralluogo all’interno del padiglione nell’ambito dell’indagini per stabilire l’esatta causa di innesco delle fiamme.

Le finestre di alcune stanze erano chiuse e senza maniglia. Per questo i vigili del fuoco hanno dovuto rompere i vetri per far defluire il fumo. Una circostanza che potrebbe avere contribuito alla diffusione del fumo all’interno del reparto, facilitato forse dal sistema di areazione interna. La circostanza è stata confermata dagli inquirenti, tuttavia in alcune strutture sanitarie che ospitano pazienti affetti da demenza l’utilizzo di finestre prive di maniglie è consentito per ragioni di sicurezza.

 


Incendio Rsa a Milano, una parente denuncia: «Anziani lasciati soli con gli accendini a fumare, disastro annunciato»

di Matteo Castagnoli Corriere 08.07.2023 (linkpermalink)

La figlia di un ospite della vicina Rsa Virgilio Ferrari di via dei Panigarola: «Le mie proteste inascoltate. Ora ho paura che possa accadere nella casa di riposo in cui c’è mio padre»

Un anziano si avvicina alla reception. Chiede delle sigarette. Gliene allungano una decina scarsa, «forse sette o otto, come se fossero razionate». Poi una voce ammonisce: «Adesso sei a posto per un po’».
Isabella è all’ingresso della Rsa Virgilio Ferrari, di via dei Panigarola 14 a Milano, dove suo papà è ospitato. Duecento metri la separano dall’altra residenza per anziani di via dei Cinquecento 19: la Casa per coniugi, dove nella notte di venerdì un incendio ha ucciso sei persone causando oltre 80 feriti. La società che gestisce le due strutture è la stessa, ossia Proges. Ma sulle causa del rogo, accidentale, non restano dubbi: la miccia è stata una sigaretta. Una di quelle che Isabella vede consegnare a un signore.

Lei è a trovare il papà. Osserva lo scambio. Poi si avvicina spaventata: «Voi siete matti a dare sigarette a persone così fragili» esclama contro i dipendenti in reception. Ma è un grido lanciato nel vuoto. Un grido contro quella «libertà eccessiva che ha portato al disastro». «Io non sono stupita di quanto è successo – prosegue Isabella — Per me era scontato sarebbe successo. Ho sempre detto che qui si sarebbe saltati per aria. Non sto dicendo che non dovessero essere date ma che dovessero essere più controllati, sì. Perlomeno che non lasciassero anziani incustoditi a fumare». All’interno della Rsa, infatti, lo sapevano tutti: dai fumatori tra gli ospiti, accaniti o meno, al personale, fino ai parenti dei degenti. E il copione «si è ripetuto uguale in diverse occasioni». Le sigarette vengono distribuite dalla reception ai singoli ospiti secondo un massimale mensile. In generale vengono conservate in una cassetto. «Capitava che qualcuno arrivasse a chiederne altre oltre a quelle che gli spettavano e se non venivano concesse scattavano litigi, anche tra anziani stessi». Quasi sembra che tutto fosse organizzato dalla struttura. Ma c’era anche chi, tra i più agili, usciva, magari con un pizzino, e andava a fare la «spesa» per tutti.

Una sigaretta, quindi, l’inizio di tutto. A volte consumata nelle aree comuni, cortili interni e aree fumatori, altre all’interno dell’edificio. Magari in camera, affacciati alla finestra, per chi riusciva. Situazione che trova conferma nei racconti di alcuni testimoni che abitano di fronte alla Casa per coniugi. Per esempio Lucia Guaragni, una delle prime a descrivere la notte di paura al Corvetto ricordando «gli anziani alle finestre con in bocca gli stracci bagnati». Ma tra le cose che più «mi mancheranno — aveva spiegato Lucia — ci sarà proprio quella signora che si affacciava alla finestra per fumare e con la quale capitava di scambiare due parole».
«Mentre la cosa che adesso più mi fa paura — riprende Isabella — è un ripetersi della tragedia anche nell’altro stabile di via dei Panigarola». L’edificio è collegato a quello di via dei Cinquecento e sono sotto la stessa gestione. Anche lì c’erano problemi al sistema antincendio tanto chera era previsto il controllo notturno dell’addetto antincendio. «Spero per mio padre». La fine per mano di un mozzicone.