Biorfarm: un modello per l’agricoltura ed il digitale

Anche se oramai il periodo del lockdown sembra lontano, anche se il suo fantasma è ancora presente perché la realtà del coronavirus è presente, ci è capitato di conoscere un progetto che ci ha veramente conquistato.

“Noi abbiamo però preso l’adozione non solo come strumento per creare guadagno per l’agricoltore, ma come strumento per creare una relazione fra chi coltiva cibo in maniera sostenibile e chi lo porta in tavola. L’adozione è un mezzo per creare una relazione fra due attori, distanti geograficamente ma che hanno l’esigenza di essere vicini.” Questo è la sostanza importante di Biorfarm: la relazione, la connessione. Un’idea che mette insieme la terra e la rete, il digitale e l’agricoltura in una maniera integrata e basata sulla condivisione di valori, esperienze, saperi ed emozioni. Il suo nome è Biorfarm, nata da due ragazzi del sud, un calabrese, Osvaldo De Falco, ed un campano, Giuseppe Cannavale, che insieme stanno provando a costruire la più grande azienda agricola digitale del mondo. Un’impresa che non è solo un sogno, che unisce la forza delle idee e della terra, con le possibilità di relazioni che le tecnologie digitali danno. Il come ce la siamo fatti raccontare proprio da Osvaldo in questa conversazione.

Raccontaci cos’è e come nasce il progetto Biorfarm.

Biorfarm nasce nel 2015 a Rossano quasi per gioco all’interno dell’azienda agricola di famiglia, la De Falco, con l’obiettivo da un lato di supportare mio padre, agricoltore, nella commercializzazione e nella valorizzazione soprattutto dei suoi prodotti, clementine di Calabria ed arance, e dall’altro con l’intenzione di far capire ai consumatori cosa ci fosse dietro il frutto che poi arrivava a tavola. Il motivo è semplice. Mio padre fa parte di quel gruppo di attori della filiera agroalimentare più penalizzati. Oggi la filiera agroalimentare vede i produttori ed i consumatori come gli attori più svantaggiati a vantaggio degli intermediari. Il produttore si vede imposto un prezzo troppo basso, quindi non sostenibile economicamente, e se lo vede imposto perché per sua natura l’agricoltore, al di là della grandezza della sua tenuta agricola, è un piccolo attore della GDO (grande distribuzione organizzata) e spesso gli agricoltori sono non solo piccoli ma anche frammentati fra di loro, non collaborano, non comunicano e non hanno una strategia comune a differenza della GDO. Ogni anno ci sono circa 70.000 agricoltor, il dato è del 2019, costretti ad abbandonare i campi perché economicamente non sostenibili. Questo è un grande svantaggio per l’agricoltore sicuramente ma anche per il territorio locale che vede le proprie risorse diminuire. A cascata è un problema per tutti, perché molto spesso l’agricoltore è quel guardiano dell’ambiente e della biodiversità che sappiamo quanto sia importante oggi nel nostro paese e non solo. Se tu domandi ad un consumatore a Milano se lui è soddisfatto della frutta che compra lui non ti dirà mai di sì, perché la frutta è insapore e non ha gusto. Questo non perché viene da coltivazioni di qualità non elevata ma proprio per la struttura della filiera: la frutta viaggia per diversi giorni, se non settimane, in container e poi viene stoccata in celle frigo a discapito della qualità. Quindi qualità e costo.
L’idea quindi è quella di riuscire a supportare i piccoli agricoltori e produttori nella produzione e commercializzazione dei propri prodotti insieme a fornire un prodotto di alta qualità ai consumatori. Io per 10 anni ho vissuto in grandi città in Italia e all’estero pagavano tanto per acquistare frutta e verdura ma non erano soddisfatti, sia per una questione di qualità sia perché sempre più consumatori vogliono sapere se il cibo che acquistano è sostenibile e che cercano un’esperienza attraverso il cibo, basta vedere la crescita del movimento slowfood e dei vari influencer del cibo. Quindi noi abbiamo preso un meccanismo che già esisteva, l’adozione di un albero, quello dell’adozione che agricoltori e allevatori fanno per tutto e da un po’ di tempo, dall’albero alla mucca. Noi abbiamo però preso l’adozione non solo come strumento per creare guadagno per l’agricoltore, ma come strumento per creare una relazione fra chi coltiva cibo in maniera sostenibile e chi lo porta in tavola. L’adozione è un mezzo per creare una relazione fra due attori, distanti geograficamente ma che hanno l’esigenza di essere vicini. L’utente adottando l’albero da un lato supporta e si sente anche soddisfatto nel fare un’azione positiva verso il piccolo agricoltore, crea una relazione e può anche conoscerlo, scrivergli e andarlo a trovare attraverso la nostra piattaforma, quindi diventare consapevole di quello che c’è dietro il processo di produzione di quello che mangia e porta in tavola.

Parliamo del ruolo che le tecnologie digitali rivestono nel progetto che da quello che so è molto importante.

Quando sono tornato in Calabria le mie competenze agronomiche erano sottozero, non che oggi siano straordinarie, ma la vera intuizione è stata quella di utilizzare la tecnologia digitale per unire questi due attori, ripeto produttore e consumatore. Adozione digitale, grazie ad una digitalizzazione di alcuni processi in campagna noi riusciamo ad informare e a coinvolgere gli utenti, che all’epoca erano 40 ed oggi sono 20.000. Tengo a precisare che il digitale qui è uno strumento che unisce due attori reali. Il digitale diventa quindi tecnologia di collegamento, di connessione, ogni anno i consumatori vengono invitati in campagna a visitare gli agricoltori, anche ad assistere alla raccolta e a fare delle esperienze in campagna. La nostra mission è sempre stata quella di supportare e valorizzare i piccoli agricoltori, la nostra vision è quella di costruire la più grande azienda agricola digitale al mondo. Da qui nasce una piattaforma dove chi produce frutta, verdura, grano ed altro in maniera sostenibile, è in contatto diretto e può condividere contenuti con chi li porta a tavola. Nella nostra vision chiunque così potrà diventare produttore stando comodamente a casa ed in ufficio grazie all’agricoltore che coltiva le arance, all’altro agricoltore che coltiva il grano e gli manda la pasta, agli allevatori che gli manderanno carne e formaggio e via dicendo. In questo modo noi non solo accorciamo la filiera ma la stravolgiamo completamente creando un social marketplace, dove creiamo relazioni e commercializzazione. La connessione e gli attori sono reali e non come pensa qualcuno virtuale.

Trovo l’idea straordinaria e sintomo di quella rivoluzione del marketing di Schaefer dallo Storytelling allo Storymaking, il consumatore ora diviene produttore. Ti trovi d’accordo con questa descrizione?

Sono d’accordo e ti dirò di più: uno dei nostri punti di forza è quello di permettere agli agricoltori di creare i contenuti dei campi, quindi contenuti fotografici e video.

Interessante. Invece parliamo della fase di lockdown. Ne avete risentito? Come avete vissuto questa fase?

Abbiamo avuto la fortuna negli ultimi due anni di riuscire a creare una vera e propria rete di aziende, oggi raduniamo circa 50 aziende agricole dalla Sicilia al Trentino. Ricordo ancora quando io e Giuseppe il mio socio siamo andati in macchina dalla Calabria al Trentino a parlare con il secondo produttore, il primo ero io, che era un ragazzo di 26 che faceva coltivazioni bio. Un calabrese ed un napoletano vanno da un trentino con solo un’idea in mano a dirgli “lavoriamo insieme?”. Sembra quasi una barzelletta. Invece ci siamo capiti subito e oggi Paolo è dentro il progetto Biorfarm ed è molto soddisfatto. Noi durante il periodo del coronavirus siamo stati fra le aziende fortunate. Va detto che il nostro prodotto/servizio, l’adozione, è di tipo emozionale/esperienziale. Durante Marzo ed Aprile scorso aveva altri interessi: mangiare, salvaguardia della salute e socializzazione a distanza. Quindi noi abbiamo avuto un calo della crescita, che mediamente è del 125% annuo. Il calo è stato brusco rispetto al mese precedente e preoccupati abbiamo deciso in seguito ad un’intuizione di avviare una feature che era prevista per un periodo successivo: il Biormarket, cioè un mercato digitale dei contadini, la possibilità non solo dell’adozione ma di acquistare i prodotti direttamente dagli agricoltori che la spediscono direttamente a chi li acquista. Ci sono voluti circa tre settimane ed abbiamo avuto un incremento del 600% rispetto ai mesi precedenti. Ovviamente nel periodo post lockdown l’incremento è diminuito, ma era fisiologico ma siamo già più alto rispetto a prima.

Mi sembra un progetto che nei suoi valori ha quello dell’inclusività e della coesione sociale. Ti ritrovi in questo aspetto?

Assolutamente! Lo vediamo come aspetto fondamentale del digitale. Non è una cooperativa ma una rete di chi condivide un insieme di valori e di criteri di lavoro, come la sostenibilità, la coltivazione bio e la necessità di interagire fra di loro proprio con gli strumenti digitali. I nostri contadini si scambiano foto e consigli, si aiutano e lo fanno superando questi steccati di campanilismo, non gli interessa.

Vedo anche un forte interesse negli aspetti di CSR (Corporate Social Responsibility) o mi sbaglio?

Esatto. Biorfarm nasce come idea B2C, quindi rivolta ai consumatori. Nell’ultimo anno abbiamo avuto grande interesse dalle aziende, da grandi aziende, per esempio Kellogg, Colgate, Iliad, Croce Rossa, Henkel e altre. Queste aziende non sono interessate alla frutta e alla verdura in sé, ma perché Biorfarm diventa uno strumento da un lato di stakeholder engagement, aiutando il concetto di sostenibilità, di supporto all’agricoltura locale, riuscendo a trasmettere dei messaggi che le aziende vogliono far propri. In questo momento riusciamo a fare delle attività di welfare aziendale, creando dei frutteti aziendali, sono delle pagine sul nostro sito, dove possono vedere dove sono coltivati, quanti CO2 riescono ad assorbire, quindi l’impatto ambientale. I prodotti poi magari serviranno per i regali di natale. Vengono usati anche al livello di promozione. Attualmente se compri 4 prodotti Antica Erboristeria si vince l’adozione di un albero. Tutto questo è stato un’opportunità ancora di più per riuscire a supportare gli agricoltori. Ultimamente ci è anche capitato il caso di aziende che adottano gli alberi ma senza volere la frutta. Lo fanno solamente per aiutare l’agricoltura sostenibile. Tutto questo ci ha permesso di aiutare quegli agricoltori che sono in difficoltà, come quelli che a Giugno sono stati colpiti dal forte maltempo nel nord dell’Italia.

Nelle lingue orientali crisi ed opportunità sono espresse dalla stessa parola. Mi sembra che voi esprimiate questo concetto con le vostre feature.

Come diceva Einstein dal benessere non nasce nulla, ma dalla crisi e dalle difficoltà nascono le idee e le opportunità. La natura stessa dell’essere umano, quella di voler superare i momenti difficili, è alla base del progetto Biorfarm, se l’azienda di mio padre non si fosse trovata in difficoltà per la sua posizione nella filiera magari tutto questo non sarebbe mai nato.

Condividi questo post: